Verso la fine del XVIII sec.,nell' Aveyron in Francia, correva voce che un essere selvaggio girovagasse nel bosco cercando radici e ghiande. Nel settembre 1799, tre cacciatori riuscirono a bloccarlo mentre si arrampicava su un albero. Con loro grande stupore si trovarono di fronte un ragazzino nudo, sozzo, dalla carnagione chiara, che si dimenava per sfuggire alla cattura. Aveva capelli lunghi,sporchi e aggrovigliati,denti affilati e gialli,occhi bruni,naso lungo ed appuntito,mento sfuggente e un collo elegante sfigurato da una cicatrice. Aveva più o meno 12 anni, ma era alto un metro e 40. Ringhiava e tentava di mordere chiunque. Il ragazzino fu legato,portato in paese e affidato ad una vedova che tentò di dargli un po' di affetto ed un minimo di educazione. Niente da fare:il giovane andava avanti ed indietro come un animale in gabbia, sputando, orinando e defecando ovunque. Alla fine i suoi ripetuti tentativi di fuggire riuscirono e dopo due giorni tornò fra le montagne.Venne l' inverno e i villici si chiesero se quell'essere potesse resistere al freddo e alla neve.Dapprima fu avvistato seminudo in lontananza. Dapprima fu avvistato seminudo in lontananza, poi fu visto scorazzare, sempre più spesso, vicino al villaggio. In primavera venne catturato di nuovo e questa volta in maniera definitiva. Fu trasportato all'ospedale Saint-Afrique.Il ragazzo dell'Aveyron venne richiesto a Parigi dove l'interesse e la curiosità crebbero di giorno in giorno. Il famoso ed esperto psicologo Philippe Pinel mise a tacere le voci discordi che si erano levate sul suo conto: il selvaggio era un ritardato mentale che differiva dalle piante solo perché si muoveva e gridava. La diagnosi era autorevole e non lasciava spazio a repliche, tuttavia si trattava di una crescita in un contesto estraneo all'esperienza sociale e, come tale, lo studio andava approfondito.
Jean-Marc-Gaspard Itard, un medico appena ventiseienne, assunse l'incarico e subito si appassionò al caso. Quel selvaggio, così abulico e assente, non gli sembrava affatto ritardato. Nel suo modo di essere, anche se fissava il vuoto e si dondolava ossessivamente, c'era qualcosa che sembrava nascondere un'intelligenza latente in attesa di esprimersi. A riguardo i dati bibliografici non erano di grande conforto, tutti concludevano che nulla si potesse fare per educare i ragazzi selvaggi, ma Itard si convinse che le testimonianze precedenti erano poche, incomplete e frammentarie, e un apprendistato adeguato avrebbe riportato alla normalit à il suo giovane paziente. Sarebbero stati necessari svariati anni, è vero, ma ne valeva la pena. Itard pianificò i suoi obiettivi: 1) interessarlo alla vita sociale; 2) risvegliare la sua sensibilità nervosa; 3) migliorare la sua fantasia; 4) insegnargli a parlare attraverso l'imitazione; 5) farlo esercitare nelle operazioni più semplici per poi allargargli i processi mentali. Lo chiamò Victor, per quel suo strano modo di girarsi ogni qual volta si esclamava "Oh!", e si mise al lavoro.
Da quando era arrivato a Parigi, Victor si era chiuso in se stesso.
Per prima cosa bisognava rendergli la vita più stimolante. Itard tentò regalandogli dei giocattoli, ma l'idea non ebbe successo. Victor rimaneva nel suo stato di perenne apatia per risvegliarsi solo in circostanze particolari. Dopo 5 lunghi anni di duro lavoro senza risultati il dottore divenne sempre più irascibile, perse spesso la pazienza, sfiorò persino la crudeltà e nel 1806 prese l'unica decisione possibile: rinunciò. Così scrisse: "Ho sperato invano. E' stato tutto inutile. Sono svanite così le brillanti attese su cui mi ero basato". Si pentì di aver iniziato quell'esperienza ed arrivò a condannare la "sterile inumana curiosità degli uomini che avevano strappato Victor dal suo posto". La storia del ragazzo dell'Aveyron finisce qui. Victor visse ancora a lungo, ma né gli insegnamenti di Itard, né le cure della sua tutrice Madame Guérin proseguite per oltre trent'anni, lo fecero mai cambiare.
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